“Ogni tanto spinto dalle mie segrete ossessioni e dai miei stati d’animo mi soffermo a ripercorrere forse anche con un po’ di nostalgia gli anni di trepidazione, di grande sacrificio, di ambizione e anche di delusioni, che hanno caratterizzato il mio percorso professionale. Se oggi posso scrivere ed interpretare l’arte della grande cucina con la dovuta maestria, lo devo principalmente al periodo formativo della mia giovinezza; dagli anni passati tra i meccanismi perfetti delle grandi brigate in Svizzera, al lusso sfrenato dei Grand Hotels londinesi e ancora alla gerarchia e perfezione quasi maniacale nel regno della grande tradizione francese in Inghilterra: “Le Gavroche” dei Roux Brothers. Passando per la ricercatezza e la semplicità di un grande maestro come Ezio Santin.
Questi momenti di vita, passati in stretto contatto con professionisti e culture molto distanti tra loro hanno dato al mio modo di fare cucina qualche influenza di dialetto, ma alla fine stiamo discutendo una forma d’arte e come tale, essa non può essere vincolata né tanto meno deve essere manchevole di rigore o qua e là approssimata.
Per quanto mi riguarda, la mia espressione culinaria è una fusione tra tecnica e cultura. Avendo la fortuna di operare in un territorio di base dove anche i semplici ingredienti provocano emozioni e dove la cultura del mangiare bene è cresciuta nei secoli sempre affinandosi e valorizzandosi dall’apporto e dall’esperienza dei tanti popoli che in Sicilia hanno esercitato il loro dominio. Dall’uso dei grandi prodotti nutriti dal sole, dalle tecniche più rigorose e dalla mia cultura del buon gusto nutrita sin da fanciullo, dai profumi, dal senso della casa, dal rumore e dal silenzio dei luoghi, nasce un’interpretazione di cucina quasi globale che sprizza sentimento e amore per tutta la natura che anima questa terra.
Il mio approccio naturale con la cucina quasi da artigiano dei fornelli mi rende privo di confini e mi lascia esprimermi liberamente con e per i sensi.”